Il matrimonio musulmano non è un sacramento bensí un contratto assimilabile a un qualunque contratto civile.
La sacralità deriva dalla legge (shari’a) che lo disciplina e che quindi costituisce la fonte del diritto religioso (shari’a: via diretta rivelata da Dio agli uomini).
Nel contratto matrimoniale l’uomo dona alla donna il mahr (la dote che sarà di proprietà esclusiva della donna) e garantisce la nafaqa (il mantenimento) in cambio dell’isma (il godimento sessuale).
La dote rimane proprietà personale e inalienabile della donna che, seppur ricca, non è obbligata a concorrere alle spese di casa anche se il marito è povero e rappresenta una garanzia in caso di ripudio (paragonabile al nostro divorzio).
Nel matrimonio troviamo la figura del wali (tutore) che assume un’importanza diversa secondo i Paesi in cui il contratto viene stipulato (talvolta il tutore sostituisce addirittura la figura della donna).
Il matrimonio islamico è un contratto legale fra privati, redatto davanti a un ‘adoul (notaio con funzioni giuridico-islamiche) che si accerta della sua validità. Il rito musulmano non attribuisce al matrimonio il valore di sacramento, come nel cristianesimo, essendo il Corano, in questo caso, considerato testo legislativo.
IMPEDIMENTI AL MATRIMONIO
Il matrimonio non può essere stipulato tra parenti, affini e fratelli di latte, cioè bambini allattati dalla stessa balia, così come non ci si può sposare con la balia o con il marito della balia.
REGOLE E PROCEDURE
Il matrimonio islamico ha un rituale ben cadenzato che inizia con il rito civile, al cospetto del sindaco e che segue con la cerimonia musulmana, detta Nikâh o Fâtiha che si può svolgere in una moschea o presso l’abitazione dei genitori della sposa.
La cerimonia prevede innanzitutto che la sposa raggiunga lo sposo accompagnata dal padre (o dal tutore), che vengano letti alcuni versi del Corano, che gli sposi si scambino i consensi di fronte a due testimoni (rigorosamente uomini) e che pronuncino frasi d’amore con le quali si promettono rispetto, impegno ma soprattutto apertura verso la fecondità e quindi contrarietà a ogni forma di contraccezione.
Il contratto tra gli sposi che precede le cerimonie pubbliche viene generalmente stipulato a casa della sposa, in presenza di funzionari giuridici islamici e di una figura religiosa (shaik). In questa fase del rito non sono ammesse altre persone oltre ai diretti interessati. Non è però insolito che vengano invitati alcuni esponenti maschi delle famiglie, a testimonianza dell’avvenuto legame tra gli sposi e le rispettive famiglie. In molti Paesi la sposa non ha diritto di partecipare a questa fase; è il suo tutore (in genere il padre) a rappresentarla e a firmare il contratto, dopo averne però ottenuto il consenso. Poiché questa fase è riservata ai parenti stretti e ai nubendi, agli ospiti verrà offerto solo un rinfresco e servito il caffè arabo. Nella tradizione ciò corrisponde al katb Al- kitab (Ktouba) in senso stretto e la festa che segue è destinata allo sposo e a tutti i componenti maschi della propria famiglia e di quella della sposa. Generalmente, quindi, il katb Al-kitab ha luogo un giorno prima della festa pubblica di matrimonio, benché a volte si tenga anche molti mesi prima.
Dopo il katb katb, a contratto stipulato, lo sposo ha il permesso di vedere la sposa senza velo (mentre prima non gli era consentito) e i due possono incontrarsi, parlare e passeggiare in luoghi pubblici, osservando comunque un comportamento rispettoso e decoroso.
In questa fase non è ancora ammessa la convivenza. Solo dopo la grande festa finale, quando gli sposi verranno presentati a tutta la comunità come marito e moglie, potranno vivere insieme come nucleo familiare.
Oggi non è raro che il katb katb si tenga lo stesso giorno della festa di nozze; dipende dalle famiglie degli sposi. Ciò significa che se la coppia ha avuto la possibilità di frequentarsi o le famiglie già si conoscono il katb ktab può essere festeggiato lo stesso giorno del grande pranzo nuziale. Al contrario, se la coppia non ha avuto modo di frequentarsi perché non vive nello stesso Paese o per consuetudini particolarmente rigide, il katb ktab viene organizzato anche un anno prima, per dar modo alla coppia di incontrarsi.
In occasione del katb ktab lo sposo viene raggiunto a casa da un festante gruppo di suonatori di strumenti a fiato e a percussione che intonano canti augurali e di buon auspicio, tra saltelli ritmati e allegri coretti. La famiglia dello sposo assiste al rito e si unisce ai cori. È frequente che anche i passanti si soffermino a osservare la scena e vengano coinvolti nella gioiosa atmosfera.
Molto suggestivi sono i balli per il katb ktab, detti dabka. Tutti i tipi di dabka si danzano in gruppo. I danzatori si dispongono in cerchio o semicerchio e procedono in fila indiana, ognuno con la mano destra nella mano del danzatore precedente e la sinistra (tenuta di solito dietro la schiena) in quella del danzatore successivo. Il primo della fila (di solito il più esperto nella danza) è il conduttore del ballo, tutti gli altri lo seguono nelle movenze e nelle variazioni che lui stesso decide al variare del ritmo della musica, sempre con l’accompagnamento di strumenti a percussione classici arabi come la Darabukka.
IL MATRIMONIO NEL CORANO
A proposito di matrimonio e poligamia nel passaggio IV:3 del Corano si legge: “Se temete di non esser qui con gli orfani, sposate allora fra le donne che vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non essere giusti con loro, una sola, o le ancelle in vostro possesso; questo sarà più atto a non farvi deviare”.
Vs 128: “E se una donna teme maltrattamenti o avversione da parte di suo marito non sarà male per essi che si mettano d’accordo tra loro in pace poiché la pace è bene. Gli animi son portati all’avidità ma se farete del bene e temerete Iddio, Dio ben conoscerà quel che voi fate”.
Vs 129: “Anche se lo desiderate non potrete agire con equità con le Vostre mogli”.
Vs 130: “Se poi marito e moglie si separeranno, Dio arricchirà ambedue della sua abbondanza ampia che Dio è ampio e sapiente”.
IL RIPUDIO
Il ripudio islamico, detto ṭalāq (in arabo: طلاق), è la forma prevista dalla shari’a per il divorzio.
Secondo la legge islamica tale diritto spetta solo al marito che può esercitarlo rivolgendo alla propria moglie la frase “Io divorzio da te” (in arabo ṭalaq).
Affinché tale formula produca effettive conseguenze giuridiche l’uomo deve pronunciarla tre volte con un intervallo di almeno una ʿidda (periodo intermestruale), garantendo così la possibilità di una riconciliazione.
Dopo la terza pronuncia il divorzio acquista efficacia giuridica e non è consentito un nuovo matrimonio tra i due divorziati a meno che la donna non abbia contratto almeno un altro matrimonio con persona diversa.
Non è quindi teoricamente consentita una triplice e consecutiva pronuncia della formula di ripudio e la ratio di ciò consiste nell’evitare che il divorzio avvenga sotto l’effetto dell’ira momentanea del marito. Trova quindi applicazione il disposto coranico della sūra LXV, versetto 1:
“O Profeta! Quando divorzierete le vostre donne, divorziatele allo spirare del periodo di attesa. Contate bene questo periodo e temete Iddio Signor vostro; non le scacciate dalle loro case, ed esse non ne escano se non quando abbiano commesso qualche manifesta turpitudine. Questi sono i termini di Dio. E chi oltrepassa i termini di Dio tiranneggia sé stesso. Tu non sai: può darsi che Iddio produca, in seguito, qualche evento che porti a riunione”.
(Traduzione e commento di Alessandro Bausani, Il Corano, Sansoni, Firenze 1955 e successive ristampe).
L’Islam ammette il ripudio della donna da parte dell’uomo ma esiste un versetto del Corano che descrive il ripudio come atto consentito ma non auspicabile.
Il Li’an (giuramento imprecatorio) è un tipo di ripudio previsto dal Corano con il quale i coniugi, giurando in nome di Dio, si accusano reciprocamente di adulterio e calunnia. Oltre a rappresentare un impedimento per nuove nozze tra gli stessi coniugi ha come effetto il disconoscimento di paternità.
Oggi se il ripudio è immotivato il marito deve risarcire economicamente la moglie concedendole un’unica somma di denaro, non un mantenimento a cadenze regolari. I figli devono invece essere mantenuti fino all’età di 10 anni e vivere con la madre.
LA CERIMONIA PUBBLICA E I FESTEGGIAMENTI
La tradizionale festa di matrimonio, ancora oggi rispettata da molte famiglie arabe, è un tripudio di colori, musiche e canti. I festeggiamenti per il matrimonio sono molto importanti in Medio Oriente e coinvolgono tutta la comunità, secondo quanto scritto dal Profeta: “Partecipate alle feste di matrimonio e onoratele in maniera conveniente. La differenza tra un’unione lecita e una illecita risiede nei festeggiamenti”. Nel mondo islamico accettare l’invito per i festeggiamenti è un dovere morale e religioso ed è un atto ammirevole prendere parte ai banchetti e congratularsi con i neosposi.
Quando il giorno della festa è imminente le famiglie degli sposi si dedicano con estrema attenzione ai preparativi perché tutto sia organizzato e allestito nel modo più conveniente e nel rispetto delle leggi islamiche. A quel punto si è già entrati nella calda atmosfera del lieto evento e le famiglie attendono con ansia la grande festa.
Il giorno stabilito lo sposo va a prendere la sposa che lo attende a casa dei genitori insieme alle amiche e ai parenti più stretti. Le spose arabe amano indossare l’abito bianco, del tutto simile a quello occidentale ma in alcuni casi rivisto e corretto per renderlo più castigato. Singolare è il rito della vestizione della sposa la quale, prima di indossare l’abito bianco, viene spalmata di oli profumati e creme ammorbidenti. In Libano e in Siria, a differenza dei Paesi del Golfo, non esiste il rito dell’hennè. Spesso le spose indossano i gioielli regalati dallo sposo in occasione della loro unione, anche se è preferibile ispirarsi alla massima sobrietà secondo gli insegnamenti del Corano. Una volta pronta, la sposa aspetta lo sposo tra un nugolo di ragazze vestite a festa, al suono del singolare zalghouta (ululato) delle donne, in segno di allegria e di buon auspicio. Lo sposo raggiunge la sposa, la saluta, spesso fa un omaggio floreale mentre gli ospiti lanciano riso e petali di fiori. Poi, tutti insieme si recano presso il locale in cui si terrà la festa e per lo più capita che la coppia si separi. La sposa, assieme alle invitate, si reca nella sala riservata alle donne, mentre lo sposo raggiunge la sala destinata agli uomini. In alcuni casi i due locali sono situati addirittura ai lati opposti della città! Quando si ha la fortuna di trovarsi nello stesso ristorante, sempre in ambienti separati, a un certo punto una voce annuncia alle donne che sta per arrivare lo sposo per salutare la sua sposa e ballare con lei. Le ragazze in abito da sera che si erano tolte il velo si ricoprono, si sistemano il velo e attendono l’ingresso del marito della sposa… La coppia inizia a danzare al centro della sala mentre le invitate applaudono. Si assiste poi al taglio della torta che prevede l’uso della spada o della scimitarra araba.
Bomboniere e regalini per gli invitati di solito vengono consegnati prima del matrimonio, insieme al biglietto di invito, facendo personalmente visita a parenti e amici o ricevendoli presso le proprie abitazioni.
Questo è il matrimonio classico. Naturalmente alcune famiglie prediligono festeggiamenti “misti”, simili a quelli occidentali, con enormi sale sontuosamente addobbate e invitati di entrambi i sessi intrattenuti da danzatori e danzatrici, musicisti e cantanti. Questa scelta, tuttavia, si allontana molto dagli insegnamenti islamici e quindi non è raccomandata.