I musulmani amano citare un famoso versetto del Profeta Maometto, che recita: “Insegnate ai vostri figli il nuoto, il tiro con l’arco e l’equitazione”. Gli specialisti di storia dell’Islam fanno notare che con queste parole il Profeta Maometto non ha mai fatto distinzione fra ragazzi e ragazze. In alcuni Paesi islamici però le ragazze sono escluse dalla pratica dello sport.
Uno studio sull’argomento precisa che tale esclusione è dovuta, di fatto, a tradizioni e costumi che nulla hanno a che vedere con la religione musulmana. La storia ha però dimostrato che è impossibile che un Paese possa mirare allo sviluppo senza il coinvolgimento delle donne.
Nel 2020 Halah Al-Hamrani ha aperto una palestra chiamata Flag, acronimo per lo slogan “Fight like a girl” cioè “combatti come una ragazza”. Gli sport da combattimento hanno cominciato a diffondersi anche tra le donne che sono consapevoli che “non hanno necessariamente bisogno degli uomini per la loro protezione”, ha precisato Halah e secondo lei “questa mentalità aiuta chi pratica le discipline sportive che richiedono auto-motivazione, autocontrollo e sono un toccasana per la salute mentale…”.
Da quando, nel 2017, Mohammed bin Salman è stato nominato principe ereditario ha cominciato ad attuare una serie di riforme dei costumi per spazzare via gli aspetti più ultraconservatori del Paese. Il governo ha anche introdotto nelle scuole l’educazione fisica per le ragazze e ha iniziato a concedere licenze ai club sportivi femminili.
La modernizzazione dei costumi fa parte dell’ambizioso progetto del principe. La Vision 2030 intende diversificare l’economia del Paese, non solo non più dipendente da gas e petrolio, ma promotore del settore privato e dell’inserimento delle donne nella forza lavoro. Mohammed bin Salman ha introdotto anche il primo Codice Civile da affiancare alla Sharia, la legge islamica. Le nuove riforme includeranno anche un limite di età minima per i matrimoni e la concessione alle donne di maggiori diritti contrattuali coniugali. Le aperture hanno ricevuto elogi dalla comunità internazionale ma sono state anche accompagnate da un’ondata di repressioni da parte della politica.
Nel maggio 2018 è stata infatti arrestata Loujain Al-Hathloul, attivista che si è battuta per i diritti delle donne, in particolare per il diritto alla guida. È stata poi scarcerata dopo 1000 giorni di detenzione grazie all’intervento degli Stati Uniti.
Tratto dall’articolo:
“Riad si sta aprendo al mondo e alle donne. Molti divieti oggi sono diritti. Ma c’è altra strada da fare” di Chiara Clausi (28 feb 2021).