Mahsa Amini, arrestata e uccisa il 16 settembre dalla “polizia morale” iraniana, ha dato il via a inarrestabili proteste: migliaia di iraniane e iraniani si sono ribellati a un regime teocratico e assolutista che rappresenta un Islam lontano dai principi fondamentali del Corano.
Le donne iraniane, in particolare, hanno messo a repentaglio la propria incolumità con ammirevole coraggio: nel nome di Mahsa Amini, infatti, si è presto aggiunto il sacrificio di altre donne tra le quali ricordiamo Hadis Najafi, Nika Shakarami. Il loro grido di aiuto è arrivato presto in tutto il mondo soprattutto tramite TIK TOK dove vengono documentate le atrocità.
Si desidera qui dare conto dei numerosi artisti che, in tutto il mondo, manifestano il loro dissenso contro il regime di Teheran dopo l’uccisione di MAHSA AMINI.
Zehra Doğan, artista e giornalista curda in esilio, ha imbrattato le ringhiere esterne dell’ambasciata iraniana a Berlino con henné, capelli e sangue mestruale.
Lo street artist francese JR, in supporto alla lotta del popolo iraniano e delle donne in particolare, ha condiviso l’immagine di Edith Dekyndt, e cioè una bandiera fatta con capelli tagliati.
La regista persiana Marjane Satrapi ha realizzato un’illustrazione per le donne iraniane.
L’artista cinese Badiucao ha fornito sostegno alle proteste popolare con una vignetta in cui una donna iraniana a capo scoperto esprime protesta verso l’ayatollah Khamenei.
Benjamin Chaud, Petra Lilley, Raquel Freire, Chachouta e Lediesis hanno testimoniato in varie forme artistiche solidarietà alle donne iraniane che si tagliano provocatoriamente i capelli.
Innumerevoli musei e fondazioni culturali non hanno mancato di ricordare e supportare in varie forme le proteste delle donne.
Un discorso a parte merita Shirin Neshat.
L’artista visiva è nata in Iran e risiede da lungo tempo a New York: le sue opere, cioè fotografie e video, hanno sempre mantenuto alta l’attenzione al Paese d’origine con particolare attenzione alle tematiche sociali.
Nel 1990 tornata in visita in Iran e sconvolta dalla arretratezza e mancanza di libertà nelle quali il Paese era precipitato, si è concentrata sulla situazione femminile e, con la propria produzione artistica, ha contribuito a stigmatizzare la politica di crudele discriminazione delle donne stimolando la rinascita di sentimenti di consapevolezza della propria dignità, presente nelle più antiche tradizioni culturali della “Persia”.
Dal 1990, dopo un decennio circa, dall’insediamento degli Ayatollah, realizzò una serie fotografica emblematica della società iraniana e della donna in particolare: Women of Allah (1993-1997).
L’opera trova il suo elemento più significativo nella riproposizione organizzata degli elementi che identificano lo status della donna iraniana, forzata a reprimere la propria connotazione identitaria, fino al punto di rischiare di smarrirla: rischio che fortunatamente, come dimostrano i fatti di questi giorni, sembra scongiurato.